Referendum Jobs Act, sentenza 11 gennaio

di Barbara Weisz

15 Dicembre 2016 12:18

Si decide sull'ammissibilità dei tre referendum sul Jobs Act: abolizione tutele crescente con ripristino articolo 18, voucher lavoro, responsabilità solidale appalti.

Fissata per l’11 gennaio la camera di consiglio della Corte Costituzionale per decidere l’ammissibilità dei tre referendum abrogativi del Jobs Act promossi dalla Cgil e che riguardano le misure della Riforma Lavoro relative a:

  • licenziamenti illegittimi (Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori),
  • lavoro accessorio,
  • responsabilità solidale appalti.

=> Referendum Jobs Act, il deposito delle firme

I quesiti hanno superato il vaglio dell’Ufficio centrale per il referendum, quindi la parola passa alla Corte. Dopo la sentenza, nel caso in cui venissero ritenuti ammissibili, il presidente della Repubblica fisserà la data del referendum in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno. Attenzione, eventuali elezioni anticipate farebbero però slittare il referendum, la legge prevede la sospensione dei termini per un anno dalla data del voto.

Richieste di abolizione

1. Decreto legislativo 23/2015. Si chiede: l’abolizione del nuovo contratto a tutele crescenti, che ha limitato il reintegro al licenziamento discriminatorio e alcuni casi di quello disciplinare, con il conseguente ritorno al precedente contratto a tempo indeterminato; l’abolizione di tutte le modifiche all’articolo 18, che quindi tornerebbe a tutelare tutti i casi di licenziamento illegittimo con il reintegro (il Jobs Act prevede invece un risarcimento economico).

=> Tutele crescenti e licenziamento

2. Le parti del dlgs 81/2015 che riguardano i voucher lavoro.

=> Voucher lavoro: cosa sono e come funzionano

3. L’abrogazione delle disposizione limitative della responsabilità solidale negli appalti contenute nel dlgs 276/2003.

=> Appalto e responsabilità solidale: le deroghe

Quesiti

1. «Volete voi l’abrogazione del dlgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza e dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n.300, recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” comma 1, limitatamente alle parole “previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito  determinante ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile”; comma 4, limitatamente alle parole: “per insussistenza del fatto contestato  ovvero  perché  il fatto rientra tra le condotte  punibili  con  una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero  dei  codici disciplinari applicabili,” e alle parole “, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto”; comma 5 nella  sua  interezza; comma 6, limitatamente alla parola ” quinto” e alle parole”, ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione  alla gravità della violazione  formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei ed un massimo di dodici  mensilità dell’ultima retribuzione  globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il  giudice, sulla base  della  domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi” e alle parole “, quinto o settimo”; comma 7, limitatamente alle parole “che il licenziamento  è  stato  intimato in violazione  dell’articolo 2110, secondo comma, del  codice  civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” e alle parole “; nelle altre  ipotesi  in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre  ai  criteri di  cui  al  quinto comma, delle iniziative  assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito  della  procedura di cui all’art.  7  della  legge  15  luglio  1966, 604, e successive  modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base  della  domanda  formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie  o  disciplinari, trovano applicazione le relative  tutele previste  dal  presente articolo”; comma  8, limitatamente alle parole “in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento”, alle parole  “quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore,  che  nell’ambito  dello  stesso  comune  occupa  più  di  quindici  dipendenti  e  all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di ” e alle parole”, anche se ciascuna unità produttiva singolarmente considerata, non  raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti”?».

2. «Volete voi l’abrogazione degli articolo 48, 49 (come  modificato al suo terzo comma dal d.lgs. n.185/2016) e 50 del d.lgs. 15 giugno 2015, n.81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’art. 1 comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (voucher)”?».

3. «Volete voi l’abrogazione dell’art. 29 del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, recante “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30” comma  2, limitatamente alle parole “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti,” e alle parole “Il committente imprenditore o datore di lavoro è  convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori?».