Indennità  per ingiusto licenziamento: tassazione separata

di Roberto Grementieri

Pubblicato 8 Febbraio 2011
Aggiornato 23 Marzo 2018 12:07

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 26385 del 30 dicembre 2010), nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro dipendente sono assoggettate a ritenuta d’acconto e a tassazione separata le somme percepite dal lavoratore a seguito della transazione della controversia avente a oggetto il risarcimento del danno per illegittimo licenziamento.
La Cassazione ha dunque respinto il ricorso del contribuente con la seguente motivazione:

Tutte le indennità  conseguite dal lavoratore a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità  permanente o da morte, e quindi tutte le indennità  aventi causa o che traggano comunque origine dal rapporto di lavoro, comprese le indennità  per la risoluzione del rapporto per illegittimo comportamento del datore di lavoro, costituiscono redditi da lavoro dipendente ed è, comunque, onere del contribuente dimostrare che l’indennità  si riferisce (in tutto o in parte) a voci di risarcimento puro, esenti da tassazione, e non è sufficiente che sia precisato che esso ha carattere risarcitorio, perché costituisce risarcimento anche il ristoro di emolumenti non percepiti, tassabili.

Peraltro, la Corte ha ribadito l’orientamento consolidato secondo cui:

In relazione all'ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro dipendente, le somme percepite dal lavoratore a titolo di transazione della controversia avente ad oggetto il risarcimento del danno per illegittimo licenziamento, sono imponibili ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 2, e art. 48, e soggette a tassazione a tassazione separata ai sensi del D.P.R. medesimo, art. 16, comma 1, lett. i), indipendentemente dalle modifiche apportate allo stesso art. 16, lett. a), dal D.l. 23 febbraio 1995, n. 41, art. 32, convertito in L. 22 marzo 1995, n. 85.

Oltre che individuare nella tassazione separata la modalità  del prelievo, la Corte ha riconosciuto natura reddituale e non risarcitoria all’erogazione percepita dal dirigente.

In particolare, con riferimento alla natura dell’indennità  supplementare, la Corte ha affermato che, per poter negare l’assoggettabilità  Irpef di una erogazione economica in favore del lavoratore da parte del datore di lavoro, bisogna verificare che tale erogazione non sia motivata da questioni di lavoro, e se ciò non viene escluso

che l'erogazione stessa, in base all'interpretazione della concreta volontà  manifestata dalle parti, non trovi la fonte della sua obbligatorietà  né in redditi sostituiti, né nel risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri, cioè successivi alla cessazione o all'interruzione del rapporto di lavoro.

Ne consegue che l’indennità  prevista dal contratto collettivo dei dirigenti di aziende industriali per l'ipotesi di licenziamento ingiustificato o di recesso per giusta causa

in quanto derivante in modo pieno ed esclusivo dalla cessazione del rapporto di lavoro, quindi a questo collegata, è in ogni caso assoggettabile ad imposizione, a prescindere dalla situazione concreta che ne abbia determinato la adozione.