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Made In: una norma europea in soccorso del Made in Italy?

di Paolo Sebaste

Pubblicato 27 Maggio 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:40

La recente approvazione, da parte del Parlamento Europeo, della norma sul “Made In” riapre spiragli ottimistici per le Pmi italiane in prima linea per la (ri)affermazione del valore e della qualità  dei prodotti nostrani? Dopo l’approvazione della normativa italiana per la tutela dei prodotti Made in Italy, erano rimasti aperti molti interrogativi sulla reale possibilità  di tutela, senza che si realizzasse un’estensione generalizzata a tutti i paesi aderenti ad Eurolandia, sino al punto da rendere la legge italiana, nei fatti, una innocua “presa di posizione” di un singolo stato.

I dubbi e le perplessità , sono stati peraltro alimentati dalle successive interpretazioni restrittive sui termini di efficacia della tutela, per i prodotti realizzati interamente in Italia, soprattutto per le azioni di contrasto e lotta alla contraffazione.

La revisione del sistema di etichettatura europea propone un nuovo schema armonizzato e obbligatorio, che premia i piccoli e medi produttori e li tutela dai colossi che producono all’estero per poi applicare ai beni finiti la famosa etichetta “Made in Italy”. Solo chi produce i propri beni interamente in Europa potrà  dunque sfoggiare il marchio “100% Made in”.

La definizione di una normativa europea che alla fine tuteli “un po’ di più” le produzioni (per ora solo quelle relative al settore tessile) svolte in tutto o in (maggior) parte entro confini di Eurolandia viene incontro alle esigenze delle Pmi seguendo alcune considerazioni importanti:

  • Anzitutto che una normativa nazionale di tutela della produzione, adottata da un singolo stato europeo non è (più) sufficiente, e probabilmente da sola controproducente, alla tutela della manifattura nazionale, in un contesto in cui tutti gli altri stati continuassero a consentire la identificabilità  di un prodotto come “realizzato” entro i propri confini anche quando la maggior parte del processo produttivo è svolto all’estero (fuori dalla UE);
  • La sostanziale coincidenza dei confini nazionali (di ogni singolo stato) con quelli del mercato unico europeo e la relativa naturale necessità  di estensione del perimetro di tutela delle Pmi operanti nei singoli stati membri
  • La coincidenza tra tutela delle lavorazioni svolte da Pmi, radicate nel territorio, ed impegnate per ottenere elevati standard di qualità  nella realizzazione dei propri prodotti e la giusta informazione ai consumatori;

Dunque un altro passo avanti per le Pmi… ma non ancora quello definitivo; la palla passa ora al Consiglio europeo per l’approvazione definitiva.