Formazione e competenze: quale futuro per associazioni e community IT?

di Ferdinando Cermelli

Pubblicato 19 Febbraio 2009
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:42

In un mercato dominato da pc e strumenti software, caratterizzato da parole chiave quali Sistema Operativo, Applicazioni Office, ERP, CMS e così via – ovvero in cui il software risulta una commodity cui tutti accedono in base alle proprie competenze e celte di budget o di opportunità  – che spazio c’è oggi per le attività  svolte dacommunity e associazioni IT?
Mi riferisco prevalentemente a quelle attive nel mondo Open Source, mirate alla diffusione di Linux e delle applicazioni di uso quotidiano come OpenOffice.org, GIMP e via di seguito.

Non sarebbe ora che queste associazioni, che hanno svolto e svolgono un ruolo fondamentale nel mondo dell’Information Technology anche in Italia, facessero un passo in avanti iniziando a impostare messaggi che – pur continuando a puntare agli strumenti – si orientassero anche sull’ambito applicativo in cui trovano ragion d’essere, il cosiddetto dominio?

Ho la sensazione che sovente l’approccio sia orientato in due direzioni: per addetti ai lavori e per attività  formativa. Ed è proprio su questo secondo aspetto che desidero soffermarmi.

Il percorso cultural-formativo intrapreso da queste associazioni si appiattisce troppo spesso su attività  legate alla predisposizione di percorsi formativi, sistematicamente ad altissimo livello tecnologico e realizzati da professionisti all'altezza della situazione.
Ma questa spinta non deve estinguersi senza produrre risultati mirati alla realizzazione di capacità  professionale e sensibilità  al contesto operativo, senza le quali la competenza rimane monca, incompleta e soprattutto destinata all’obsolescenza.

Alla fine dello scambio di nozioni sull’utilizzo di un tool o di un pacchetto, non c’è un ulteriore passaggio che contestualizza le competenze acquisite: come dire, si dispone dei dati ma ali dati non sono tradotti in informazioni!

Nella ricerca di personale qualificato in campo IT è sempre più richiesta la conoscenza del settore in cui si verrà  inseriti: bancario, turistico, telecomunicazioni. Segno che non basta conoscere un RAD o un linguaggio di programmazione, ma che il dominio in cui ci si troverà  ad operare necessita di competenze specifiche del settore.

Penso che scopo di un’associazione che si definisce anche culturale, indipendentemente dall’ambito, sia quello di realizzare percorsi di trasferimento della conoscenza completi, esaustivi.
In caso contrario si cade in un errore che, purtroppo, si riscontra spesso in determinati ambiti scolastici: i si impara a scrivere, ma non sempre qualcosa di adeguato alle proprie esigenze. Ne sono riprova i CV o le lettere di presentazione che pervengono alle società  di recruitment.

Non saprei che ricette adottare per “aggiustare la rotta” e nemmeno penso esistano soluzioni precostituite. Del resto ritengo che ciascuno sia perfettamente in grado di disegnare un proprio modello di crescita da proporre e che, proprio questo, potrebbe fare la differenza.
Se proprio dovessi sottoporre, magari come provocazione, un'idea in merito, suggerirei la realizzazione di momenti di contatto con chi opera in specifici domini: così si riuscirebbe a contestualizzare le esperienze maturate, non in termini puramente tecnici ma descrivendo il percorso che ha portato all'adozione di una soluzione in mezzo ad altre proposte.

I cosiddetti Case Study, ma specifici sugli strumenti su cui si fa formazione e, magari, anche con qualche caso negativo (non essendo vincolati da prospettive di marketing).