Ambiente, politiche di incentivazione ed effetti globali: i certificati verdi

di Giuseppe Leonzio

Pubblicato 18 Dicembre 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:42

In questo particolare momento parlare di incentivazione è quanto meno opportuno, ritenendo che in un periodo di crisi economica sia necessario investire soprattutto in quei settori che sono strategici ed al contempo fondamentali per la nostra società .
Se nella sfera del settore “ambiente” si include anche la correlazione con gli effetti dell’economia antropica, ebbene i certificati verdi sono fondamentali per incentivare e regolare, positivamente, questa relazione.

Ma cosa sono i certificati verdi? Sostanzialmente uno strumento adottato nel nostro Paese per regolamentare le incentivazioni nel far west del settore dell’energia pulita.

Come recita il Bollettino sui certificati verdi del GSE 28.11.2008, “l’'art. 11 del D.Lgs. 16/03/1999 n. 79 ha introdotto l'obbligo, a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nel sistema elettrico nazionale, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità  prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo l'1/4/1999.
La quota percentuale è calcolata sulla base delle produzioni e delle importazioni da fonti non rinnovabili dell'anno precedente, decurtate dell'elettricità  prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale e delle esportazioni, con una franchigia di 100 GWh per ciascun operatore. Tale quota inizialmente era fissata nel 2%. Il D.Lgs. 29/12/2003 n. 387 ha stabilito un progressivo incremento annuale di 0,35 punti percentuali nel triennio 2004 – 2006.
La Legge Finanziaria 2008 ha elevato l'incremento annuale a 0,75 punti percentuali per il periodo 2007-2012. Successivi decreti ministeriali stabiliranno gli ulteriori incrementi per gli anni posteriori al 2012. Produttori ed importatori soggetti all'obbligo possono adempiervi immettendo in rete elettricità  prodotta da fonti rinnovabili oppure acquistando da altri produttori titoli, chiamati certificati verdi (CV), comprovanti la produzione dell'equivalente quota.

Quindi il meccanismo è chiaro: chi produce energia pulita ottiene certificati verdi che rivende a prezzo di mercato a chi non ne produce, o ne produce meno di quanto sia necessario per legge, con un taglio di 1 Mwh ed una franchigia di 0,1 Twh. Visto che l’articolo non vuole essere un elenco dei costi/ricavi rimando alla lettura del bollettino emanato dal GSE per valutare anche i prezzi dei certificati verdi.
Interessante invece, a mio avviso, è valutare come si stia evolvendo il mercato visto che allo stato attuale c’è da considerare l’aspetto normativo e l’aspetto tecnico.

Infatti i certificati verdi sono un’ottima base di partenza essendo, in questo periodo, il miglior strumento possibile per “iniziare” un mercato, il problema semmai è la quota di energia pulita poiché, con queste percentuali obbligatorie, non si riuscirà  mai a scuotere la produzione da rinnovabili.
In secondo luogo bisogna essere realisti sapendo che è dura far di conto visto che nei rendimenti tra energia da fossile ed energia pulita c’è una forbice troppo elevata a favore dei primi, questo fattore continua ad essere un elemento difficilmente assorbibile dal mercato.

Allo stato attuale il 73,8% del fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica viene coperto attraverso centrali termoelettriche che bruciano principalmente combustibili fossili e che gravano sul conto energetico visto che sono importati dall’estero. Il gas naturale pesa per il 65,2% del totale termoelettrico, con la Libia che sta crescendo ed il ruolo importante che la Russia detiene nel cartello del gas.

Le fonti rinnovabili pesano il 13,6% sul totale mentre il 12,8% dell’energia finale necessaria viene importata, per le rinnovabili l’idroelettrico pesa il 66% (soprattutto prodotta al Nord) e l’eolico il 9% sul totale (soprattutto prodotta al Sud).

La novità  derivante dai certificati verdi è che gli impianti eolici, ed in parte anche quelli a biomasse, stanno avendo una buona performance in termini di nuove installazioni soprattuto per quanto riguarda la quota prodotta.

In questo quadro, se si considera che il 16% della quota di rinnovabili è stata incentivata dai CV, l’energia incentivata con i CV nel 2006 è stata di 2.876 Gwh per l’idroelettrico e di 2.645 Gwh per l’eolico.

A questo punto la riflessione che faccio è che sicuramente la quota obbligatoria di rinnovabili sul totale prodotto dovrà  essere aumentata, inoltre è difficile ipotizzare che a questi ritmi le rinnovabili abbiano incrementi tali da poter garantire il taglio delle importazioni. Infine c’è da sottolineare che l’eolico può essere un valido aiuto all’economia nostrana dato che gli impianti sono prevalentemente posti nel Sud Italia, si può quindi valutare come positivo l’effetto dei CV nella compensazione della bilancia commerciale delle Regioni che stanno spingendo verso questa soluzione.
Nel concludere credo che i certificati verdi rappresentino sicuramente un buon viatico ma debbono essere supportati nella loro crescita visto che, nati da poco, rischiano di essere stritolati dallo spettro di una recessione economica (vedi polemiche confindustria-lato nord sul decreto legge anticrisi).

Proprio in questi giorni, c’è stata la riunione dei vertici europei a Bruxelles che ha portato i paesi membri dell’UE ha trovare l’intesa sulla quota delle rinnovabili.

Ebbene questa quota è stata ritoccata rialzandola fino alla media del 20% per l’area EURO,mentre per l’Italia è previsto l’obiettivo del 17% al 2020.

L’annuncio è stato considerato positivamente dall’associazione europea dell’industria eolica (Ewea).
Inoltre si è parlato anche delle politiche d’incentivazione locali per lo sviluppo delle rinnovabili ed in questo campo il lavoro sui certificati verdi, ma non solo, dovrà  essere portato avanti cercando di raggiungere quel mix energetico che porterà  il nostro Paese ad un livello di efficienza energetica al passo dei paesi dell’UE che sono più virtuosi.

Intanto, pochi giorni fa è stata anche raggiunta l’intesa Ue sul pacchetto Clima ed Energia tra i 27 Stati membri, senza più veti e limitazioni, che prevede più flessibilità  per l’industria (ad esempio, i settori a rischio potranno godere del 100% dei diritti di emissioni gratuiti): entro il 2020, riduzione delle emissioni di Co2 del 20%, risparmio energetico del 20% e d uso di almeno il 20% di energie rinnovabili sul totale dei consumi.

Per approfondimenti sul tema Ambiente, politiche di incentivazione ed effetti globali: Gestore dei servizi elettrici (vedi sez. FAQ per approfondimenti sui termini), Gestore del mercato elettrico, Acquirente unico,
Terna (Gestore delle infrastrutture nel settore energetico), Decreto legge anti-crisi emanato dal Governo nel 2008.