Crisi finanziaria e crollo dei consumi

di Sonia Ferretti

Pubblicato 22 Ottobre 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:43

In questi giorni di crisi finanziaria le piccole imprese tramano.

Nel crollo generale stanno cdendo come birilli “grandi” e “piccoli”, e in tutti i settori merceologici.

Hanno perso anche le società  di dentifrici e saponette, birra e coca-cola, sigarette e farmaceutici, tutto quel che di solito “recupera” perché, in genere, si pensa sia una spesa indifferente alla crisi economica.
L’unico titolo che è salito è Campbell Soup, che produce zuppe e ingredienti per minestre, per chi deve risparmiare e non può neanche andare da McDonald.

Ai vertici delle istituzioni, però, capiscono tutti che non si può lasciar fallire (come negli anni ’30) o marcire (come in Giappone negli anni ’90) le banche, e infatti sono in atto significativi piani d’azione comuni che tentano di arginare i danni e salvare gli istituti finanziari in crisi, per quanto si sia registrato un’inspiegabile ritardo e una esitazione a salvarle in blocco in modo deciso e chiaro.

I consumi, sia tra le alte sfere che più giù, sono in standby.
I clienti non ci sono. Perfino russi e arabi rimangono “in attesa”. Il mercato delle auto, in Europa, si è ridotto del 25-30 per cento, la Opel ha sospeso la produzione di 2 gg. E se gli europei rinunciano all’auto nuova (la cosa che amano di più), vuol proprio dire che hanno, per ora, cancellato molte altre cose dalla loro lista degli acquisti.

Significa che la crisi, partita dal sofisticato mondo della Finanza, è già  arrivata ai consumatori, e non solo a quelli meno abbienti. Ha già  colpito anche più su. Non importa quale sia il reddito, la parola dÂ'ordine è: non si compra niente, fino a quando non sarà  passata la tempesta.

E questa tempesta minaccia di essere più complicata del previsto. Tuttavia i previsori ufficiali, quelli che studiano la congiuntura per mestiere, continuano a lanciare messaggi in fondo tranquillizzanti.

Nel 2009, dicono, la crescita sarà  di fatto inesistente, tanto in America quanto in Europa. Ma niente di più. Nelle loro tabelle non si vede un solo segno meno.

Per ora quindi noi possiamo tener presente le regole “sicure” per il mercato titoli:
investire in titoli di Stato dell’area euro con scadenza non troppo lunga evitando i bond subordinati…e aspettiamo.