Open Source in azienda: sfatiamo i pregiudizi

di Luigi Taranto

Pubblicato 25 Agosto 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:43

Torniamo a parlare di Open Source in azienda, cercando di riflettere su alcuni punti chiave, utili per affrontare seriamente il problema e capire quanto la migrazione (in tutto o in parte dell’infrastruttura tecnologica) verso software aperto sia conveniente in termini di investimenti, tempi e risorse.

Tenendoci lontani dai pregiudizi ideologici – che immancabilmente vengono a galla quando si dibatte di software libero (Open Source, ma sarebbe meglio dire Free Software) o proprietario (Closed Source) – cercheremo di sfatare alcune delle affermazioni più diffuse su tali argomenti.

L’ipotesi di lavoro, senza perdere di generalità , è quella di una azienda che utilizza software proprietario e che voglia cercare una migrazione (senza troppi disservizi interni) verso software con le stesse caratteristiche, ma open source:

  1. La soluzione ideale o effetto miracoloso
    Non esiste una soluzione migliore a priori perché tutte – compresa quella del “tutto Open Source!” che a prima vista appare a costo zero – hanno costi e tempi talvolta nascosti o sottovalutati (come la curva di adeguamento delle nuove competenze in-house, la ricerca di personale interno qualificato, consulenti alla transizione tecnologica, ecc.) che vanno attentamente preventivati in fase di scelta, soprattutto in dipendenza dell’attuale stato dell’infrastruttura tecnologica aziendale.
  2. Il software open source implica l’uso di un sistema operativo open source
    Il software open source, soprattutto quello più diffuso, funziona molto spesso sui tutti i principali sistemi operativi, quindi non è detto che per utilizzarlo sia necessario utilizzare un S.O. Linux based. Esistono porting di molte applicazioni Linux altrettanto validi sia per Windows che per Mac.
  3. Tutti i sistemi operativi offrono le stesse funzionalità 
    Quale sistema operativo preferire in azienda? A priori, è molto difficile rispondere perché spesso è davvero una scelta di campo, un po’ come la squadra del cuore o il partito politico. Windows, Linux e Mac non sono solo dei sistemi operativi ma, perdonandomi l’abuso di linguaggio, delle vere e proprie filosofie, un modo di concepire l’informatica e l’organizzazione del lavoro e che per questo devono andare in accordo con la cultura e la mentalità  sia del decisore (colui il quale decide di investire) sia dell’utilizzatore finale (colui che subisce l’imposizione della tecnologia);

Per approfondimenti ecco alcuni link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_operativo
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dei_sistemi_operativi
http://it.wikipedia.org/wiki/Elenco_dei_sistemi_operativi
http://www.microsoft.com/italy/pmi/default.mspx
http://www.apple.com/it/mac/
http://it.wikipedia.org/wiki/Linux