Da Lehman Brothers all’Unione Bancaria Europea

di Barbara Weisz

Pubblicato 16 Settembre 2013
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:38

A cinque anni dal crack di Lehman Brothers il mondo non si è ancora lasciato alle spalle la crisi economica, ma a voler vedere il bicchiere mezzo pieno si possono individuare due elementi positivi, entrambi relativi a notizie degli ultimi giorni: la ripresa è iniziata, in Europa (dove le maggiori economie, come Germania e Francia, chiuderanno il 2013 in positivo) e secondo le ultime previsioni di Confindustria anche in Italia. Ma soprattutto, a Bruxelles, anzi a Strasburgo, è stato fatto il primo passo verso l’unione bancaria europea. Il parlamento Europeo ha approvato la vigilanza unica bancaria sugli istituti del Vecchio Continente, affidandola alla Bce. I tempi sono ancora relativamente lunghi, l’operatività  è prevista per il settembre 2014, ma come ha sottolineato lo stesso governatore centrale europeo, Mario Draghi, si tratta di un «reale passo in avanti verso l’unione bancaria, che è un elemento chiave per una genuina unione economica e monetaria».

Ora, potrà  sembrare un provvedimento lontano, che riguarda banchieri, tecnici, ed esponenti dell’alta finanza, ma proprio l’iniziale richiamo a Lehman Brothers e a tutto quello che è iniziato il 15 settembre del 2008 indica che non è così.

Chiunque, dal top manager della più grande multinazionale americana al risparmiatore di un qualsiasi paese europeo, ha visto e magari toccato con mano, quali possono essere gli effetti di un fatto apparentemente lontano, geograficamente e non solo, sulla vita quotidiana, e sul portafoglio, di tutti noi. E uno degli elemento critici che questa crisi ha portato alla ribalta è senz’altro rappresentato dalla debolezza dell’Unione Europea, che ha una moneta unica ma non una vera e propria banca centrale, dotata di tutti i poteri che hanno la Federal Reserve americana e tutte le altre banche centrali del mondo (non può prestare denaro agli stati). Nonostante questo “potere limitato”, è stata proprio la Bce diretta da Mario Draghi a dare, nell’ultimo anno, le scosse più importanti al sistema per ripartire (ad esempio, con le due maxi operazioni di iniezione di liquidità  alle banche). Per contro, proprio la debolezza dell’euro (non della moneta, ma del sistema Eurolandia nel suo insieme) ha non a caso rappresentato la grande occasione speculativa all’origine della crollo della Grecia e di quella crisi del debito che ha lambito l’Italia nell’estate 2011 (quando è iniziata la vertiginosa salita dello spread, l’ormai famoso differenziale con il tasso decennale tedesco).

La vigilanza alla Bce non è ancora l’unione bancaria che molti auspicano, ma è forse il passo più importante che l’Europa, dopo aver unificato la moneta, ha compiuto. Sulla bilancia c’è la possibilità  di arrivare, dal punto di vista economico, a quelli che molti definiscono Stato Uniti d’Europa. Più nell’immediato, per quanto riguarda ad esempio l’Italia, c’è la possibilità  di fare un ulteriore passo avanti verso l’internazionalizzazione, o forse si potrebbe dire la sprovincializzazione, di un sistema bancario che ha ancora molti luci e ombre. Anche i grandi gruppi che in Italia ci sono non sono stati immuni dai problemi di liquidità : e la ripresa, che ora sta ufficialmente iniziando, ha bisogno di banche in grado di sostenere le imprese, a partire dalle PMI, ricchezza del panorama produttivo italiano che sempre più devono riuscire a dialogare con un, possibilmente sano, sistema finanziario.