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GreenItaly 2013: la mappa dei nuovi posti di lavoro

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 15 Novembre 2013
Aggiornato 25 Novembre 2013 10:00

La green economy cresce e favorisce occupazione, fatturato e competitività grazie all’innovazione e alla sostenibilità; il settore trainante è il Made in Italy, ma serve il sostegno di una politica industriale.

Innovazione, ricerca e nuove tecnologie, sono queste le parole chiave per uscire dalla crisi e rilanciare il mondo del lavoro in Italia. In questo contesto GreenItaly racconta come, fortunatamente, nell’economia italiana siano già presenti più di 3 milioni di lavoratori green, a cui si potranno aggiungersi almeno altri 3 milioni e 700 mila operatori pronti ad entrare nella green economy. Bene anche le imprese, che da almeno cinque anni hanno compreso l’importanza di questo comparto ed hanno investito anche per ridurre l’impatto ambientale e risparmiare energia. Sono un’enormità di aziende, ovvero il 22% del numero complessivo, dalle quali arriverà anche un timido segnale di ripresa delle assunzioni, previsto nel 38% dei casi. Le imprese che investono nel green sembrano anche le più competitive, soprattutto all’estero, anche perché investire nel green significa effettuare anche innovazioni di prodotto e di servizi (il 30,4% delle green ha innovato, contro il 16,8% delle restanti), ma anche ottenere una maggiore redditività (il 21,1% aziende green hanno un fatturato in crescita, contro il 15,2% delle altre). Il tutto con un modello imprenditoriale sano, che punta all’energia pulita, alla salute sui luoghi di lavoro, all’impiego di giovani ed alla volontà di fare ricerca. Su quest’ultimo punto basti pensare che il 61,2% di tutte le assunzioni previste nel 2013 e destinate alle attività di ricerca e sviluppo delle aziende è coperto da green jobs. Dal punto di vista del settore di applicazione vince sicuramente il Made in Italy, ovvero il comparto alimentare (27,7%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%). Un quadro estremamente brillante, che tutta via non deve ingannare tralasciando gli aspetti meno positivi. La green economy deve infatti essere sostenuta da una corretta politica industriale e fiscale che favorisca la sostenibilità, la ricerca, l’ICT e l’innovazione e che, invece, troppo spesso ostacola i buoni propositi.