Tremonti-Ter: per acquisto di nuove attrezzature con ritiro usato?

di Roberto Grementieri

19 Aprile 2010 15:30

Può accadere che un’azienda voglia rinnovare il proprio parco attrezzature acquistandone di nuove e dando in permuta le vecchie. Tale operazione può prevedere un conguaglio in denaro che l’azienda dovrà  corrisponde al fornitore, il quale provvederà  a consegnare il materiale venduto “ritarando” quello usato.

Supponendo che i beni usati siano totalmente ammortizzati si può applicare all’operazione in parola la Tremonti-ter e in che termini?
L’agevolazione Tremonti-ter è stata introdotta dall’articolo 5 del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 3 agosto 2009, n. 102 e risulta applicabile solamente agli investimenti in “nuovi macchinari e in nuove apparecchiature compresi nella divisione 28 della tabella ATECO di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 16 novembre 2007, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 296 del 21 dicembre 2007“.

In merito all’applicazione del secondo comma dell’articolo 86 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 si evidenzia come questi disponga che “se il corrispettivo della cessione è costituito esclusivamente da beni ammortizzabili, anche se costituenti un complesso o ramo aziendale, e questi vengono complessivamente iscritti in bilancio allo stesso valore al quale vi erano iscritti i beni ceduti, si considera plusvalenza soltanto il conguaglio in denaro eventualmente pattuito“.

Nel caso prospettato i beni ceduti in permuta risultano avere un costo residuo fiscalmente riconosciuto pari a zero, essendo stati completamente ammortizzati, tuttavia il venditore delle nuove attrezzature attribuisce agli stessi un valore non noto, che viene fatto concorrere al pagamento del corrispettivo pattuito per l’acquisto dei nuovi macchinari.

Nell’ipotesi in cui non si optasse per l’applicazione del secondo comma dell’articolo 86 del T.U.I.R. il valore normale di tali beni costituirebbe una plusvalenza per la società .
L’applicazione della disposizione normativa contenuta nel secondo comma dell’articolo 86, non prevede l’emersione di plusvalenze, ad eccezione dell’eventuale conguaglio di denaro ricevuto, nel caso in cui i nuovi beni vengano iscritti agli stessi valori cui risultavano iscritti i beni dati in permuta.

Nel caso in esame, tuttavia, la società  non ricevealcun conguaglio in denaro, bensì risulta tenuta a versarlo. Appare pertanto plausibile ritenere che, nel caso di specie, la normativa in esame possa essere considerata rispettata nell’ipotesi in cui, come evidenziato nel quesito stesso, la società  provveda a attribuire ai beni che riceve in permuta il medesimo valore che era attribuito ai vecchi beni, provvedendo, tuttavia, a rilevare un incremento degli stessi pari al conguaglio di 40.000 euro versato.

Si può, infatti, evidenziare come l’operazione in esame possa essere scissa in due distinte operazioni.
Una costituita dalla permuta delle vecchie attrezzature con delle nuove attrezzature che verranno iscritte al medesimo valore cui erano iscritte le vecchie attrezzature e una seconda costituita dall’acquisto di attrezzature per euro 40.000.

In relazione al secondo quesito si sottolinea che la circolare dell’Agenzia delle entrate 27 ottobre 2009, n. 44/E specifichi che per la determinazione del valore agevolabile si debba fare riferimento ai criteri di determinazione del costo fiscale come previsto dall’ articolo 110, primo comma, lettere a) e b) del T.U.I.R.
In relazione ai beni “nuovi” si pone in evidenza che gli stessi assumono il medesimo valore fiscale di quelli vecchi maggiorato del conguaglio.

Tale valore fiscale, secondo la prevalente dottrina, deve essere iscritto nella contabilità  con la modalità  a saldi chiusi (ovverosia evidenziando solo il valore netto del bene senza contabilizzare il fondo ammortamento) e con tale modalità  il costo fiscalmente rilevante dei beni in questione dovrebbe essere pari a euro 40.000.
Diversamente qualora si propendesse per l’iscrizione secondo la modalità  c.d. a saldi aperti il costo fiscale risulterebbe pari alla somma del costo storico dei beni dati in permuta maggiorato di 40.000 euro, ancorché tale modalità  di contabilizzazione sia esclusa dalla prevalente dottrina.