Le 4,5,6… P del marketing

di Paolo Di Somma

28 Marzo 2007 09:00

Cos'è il marketing, dove ci ha portati e quali sono le nuove frontiere della comunicazione e della vendita

Il vocabolo “Marketing” è entrato nel linguaggio comune con varie accezioni, l’origine anglofona è quella del gerundio del verbo “to market”, l’equivalente del nostro “vendere”.

In effetti quando parliamo di marketing, abbiamo idea di uno strumento che aiuta a vendere, a migliorare il business. Questa idea, pur non essendo del tutto sbagliata, non coglie completamente il senso del marketing, che è un processo complesso di analisi e comunicazione.

Il marketing è qualsiasi cosa abbia a che fare con una relazione tra soggetti con interessi non comuni o obiettivi contrastanti. In questo contesto ci limiteremo ad analizzare l’evoluzione del marketing inteso come strumento aziendale.

Da questo punto di vista parliamo di una serie organica di procedimenti e attività volte ad identificare opportunità e soluzioni ottimali per soddisfare o creare i bisogni di un mercato e ottenerne vantaggi, sia per il cliente che per il produttore.

Questa definizione di marketing non è l’unica possibile, prima di proseguire leggiamone altre:

  • L’insieme delle attività che mirano ad influenzare le scelte del consumatore/cliente.
  • La scienza che consente ad un’impresa di produrre quello che si vende e di vendere quello che si è prodotto realizzando un profitto.
  • Processo, sociale e manageriale, diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di prodotto e valori. È l’arte, e la scienza, di individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto.

Tutte le definizioni riportate, che sono comunque una parte di quelle usate in letteratura, mettono in gioco diversi soggetti (imprese, mercato, clienti), pongono obiettivi (ottenere vantaggi, realizzare profitto, influenzare), ma in qualche modo dicono cose contrastanti.

Infatti influenzare una scelta non significa necessariamente soddisfare un’esigenza e vendere ciò che già si produce è molto diverso dal realizzare un prodotto che racchiuda in se il successo commerciale.

Nella storia dell’era industriale, ci sono stati diversi modi di fare impresa e, di conseguenza, diversi modi per comunicare il proprio messaggio ai potenziali consumatori.

In periodi di forte domanda le imprese sono poco impegnate a “vedere” ciò che accade fuori, l’importante è produrre in gran numero e a prezzi modici (ricordiamo l’idea di marketing di Ford, secondo cui ogni americano aveva diritto a desiderare un modello T di qualsiasi colore, purché fosse nero…).

Un punto di vista nuovo si è avuto quando, complice una maggiore coscienza del cliente, sono iniziati a crollare i presupposti che rendevano efficace il binomio produzione-vendita. In pratica le aziende hanno dovuto investire molto per far conoscere il proprio prodotto. È l’epoca della pubblicità di massa: i media e gli spazi del vivere quotidiano sono riempiti di messaggi per convincerci che questo prodotto è migliore di quello, che il sapone pulisce lo sporco impossibile, che questo detersivo rende il bianco più bianco mentre quello i colori più colorati.

Poi c’è stata un’altra rivoluzione, i potenziali clienti hanno iniziato a fare confronti in modo autonomo, ci si muove per soddisfare un bisogno, conscio o inconscio non importa, e prima di scegliere ci si informa. A questo punto le aziende hanno dovuto capire i bisogni dei clienti, studiare il mondo esterno e avvalersi degli strumenti del marketing, non solo per “influenzare” ma anche per raccogliere informazioni, per adattare o sviluppare i propri prodotti.

Il cliente si è evoluto da soggetto passivo sino a diventare, complici le sempre crescenti facilità e velocità di comunicazione, il soggetto principale delle attività aziendali.

Negli ultimi decenni tutte le scelte e le politiche aziendali sono relazionabili a strategie di marketing. In particolare si definisce “marketing mix” l’insieme delle politiche praticate dall’azienda in merito alla realizzazione, commercializzazione e distribuzione del prodotto. Viene da pensare, a tal proposito, che molti abbiano sentito parlare delle “4P”.

Le 4P sono il riassunto di un marketing mix, esaminiamo le prime “quattro P”, proposte da Jerome McCarthy:

  • Product: il prodotto, ovvero è il bene o servizio che si offre;
  • Price: il prezzo, è il corrispettivo in denaro che il consumatore è disposto a pagare per ottenere il prodotto;
  • Place: la distribuzione, che comprende l’insieme delle attività necessarie a far giungere un determinato prodotto al consumatore;
  • Promotion: la promozione, o comunicazione aziendale, è l’insieme delle attività volte a far conoscere un marchio o un prodotto al mercato.

Il modello delle 4P è stato ripreso più volte e ogni autore ha aggiunto e tolto qualche “P”, volendo fare una sorta di censimento, sfogliando qualche libro e segnandovi tutte le “quattro P”, avrete a che fare con un elenco molto simile a questo:

  • Prodotto
  • Prezzo
  • Place
  • Promozione
  • Posizionamento
  • Passaparola
  • Pubblicità
  • Packaging
  • Personal Selling

Il marketing è uno strumento utile alle imprese per capire il proprio mercato, per verificare le proprie scelte e le proprie ambizioni, per elaborare le strategie future.

In passato bastava comunicare in modo efficace, coordinare le diverse strategie del marketing mix (quello classico) ed il successo era assicurato. Poi qualcosa è cambiato: l’uso degli strumenti di marketing ci ha spinto ad essere dei consumatori di massa, la creazione di nuovi bisogni, la ricerca di messaggi sempre più ad effetto, ha spinto il cliente verso l’assuefazione, le aziende non riescono più a sfruttare una comunicazione efficace.

Le pubblicità televisive diventano rapidamente una scocciatura e sanno subito di vecchio, oppure sono poco efficaci: quante volte capita di cantare il motivetto di una pubblicità e non ricordare il prodotto che reclamizza?

La miriade di messaggi cui siamo soggetti ogni giorno ci ha reso quasi immuni dagli effetti della pubblicità e questo, indubbiamente, cambia non di poco le regole del gioco.

Non basta più essere il migliore per avere successo, anzi essere il migliore e non farlo sapere nel modo giusto non porta a nulla, come del resto puntare solo sulla comunicazione a lungo termine non dà benefici. La terza via c’è: produrre e comunicare bene, ma anche questo approccio non da piena garanzia di successo.

Philip Kotler, padre del marketing come disciplina scientifica, non perde occasione per ribadire il definitivo tramonto del modello delle 4P. Secondo Kotler il mercato ed i consumatori cambiano rapidamente e le aziende devono mutare le proprie abitudini per seguire i cambiamenti.

Una posizione simile, a me personalmente più cara, è quella di Seth Godin che ha introdotto una ulteriore “P”: la “Purple Cow” (mucca viola…).

L’idea da cui parte Godin è di una semplicità impressionante: nel mondo d’oggi dopo un poco tutto si somiglia e ci si stanca anche delle cose perfette. Prendiamo ad esempio un viaggio in treno tra le colline toscane o lungo le coste calabre. È bello, indubbiamente bello, ma dopo mezz’ora di sguardo attraverso il finestrino ci si stanca, ci si dimentica del bello, si inizia ad ignorare la collina, il prato, l’onda, lo spettacolo diventa banale e ci si ributta nel libro, nella rivista nel PC.

Questo perchè col proseguire del viaggio quelle colline e quel mare, pur sempre meravigliosi, perdono qualcosa: perdono la loro originalità.

Cosa accadrebbe se durante il viaggio dall’ennesima collina sbucasse una mucca viola? Attirerebbe senza dubbio l’attenzione. Questo perchè quella mucca dona qualcosa di nuovo alla nostra visione, rende il panorama fuori dall’ordinario, straordinario. La nuova parola chiave è infatti “straordinario”: la nuova frontiera del marketing è quella di rendere i prodotti insoliti, bellissimi, nuovi, inconsueti, eccezionali.

Attenzione però! Lo scopo del marketing non deve essere quello di far sembrare un qualsiasi prodotto straordinario, non deve essere un’azione da avviare quando il prodotto è già stato pensato o addirittura sia già presente sugli scaffali.

Fare marketing deve significare agire a monte, il marketing non deve significare più né vendere né comunicare, deve significare innanzitutto innovare.

Questo perchè un prodotto che non possegga l’attributo di straordinario, risulta comunque invisibile. Il nuovo modo di intendere il marketing potrà così aiutarci, come consumatori, a scegliere tra cose sempre diverse e nuove, mentre come rappresentanti del mondo produttivo ci spronerà verso l’innovazione e la ricerca.