Redditometro 2012: come comportarsi

di Filippo Davide Martucci

Pubblicato 21 Dicembre 2011
Aggiornato 9 Gennaio 2014 14:33

Nuovo Redditometro in vigore nel 2012: retroattivo, con controlli incrociati anche sui redditi 2009. Come funziona l'accertamento sintetico e come rapportarsi con l'Agenzia delle Entrate.

Con l’introduzione del redditometro (i nuovi accertamenti partono dal gennaio 2012), e l’associazione di questo strumento alla ricostruzione sintetica, si è attuato il principio secondo cui il reddito delle persone fisiche si basa sull’associazione tra il possesso di beni che il Fisco definisce “indice” (quali ad esempio automobili potenti, case di abitazione, polizze assicurative, collaboratori familiari, cavalli, barche e natanti) e dei moltiplicatori definiti dall’Agenzia delle Entrate.
Combinando questi parametri si suppone di poter risalire alla reale condizione di reddito del contribuente a partire non dal momento di produzione del reddito stesso, ma della spesa.

Il redditometro nasce da due assiomi: il possesso del bene deve necessariamente essere associato a un reddito congruo anche per il suo mantenimento, l’acquisto del bene deve essere sostenuto da un reddito adeguato che può essere ripartito dal momento della transazione fino a quattro anni precedenti.

Gli accertamenti

Da gennaio 2012, gli accertamenti si concentreranno sui redditi a partire dal 2009 (dichiarazioni del 2010 per il reddito di imposta 2009). Dal 2012 saranno 11 i tipi di nuclei familiari sotto controllo e circa 100 le voci di spesa, articolate in sette categorie:

  • abitazione
  • mezzi di trasporto
  • contributi e assicurazioni
  • istruzione
  • attività sportive e ricreative e cura della persona
  • altre spese significative
  • investimenti immobiliari e mobiliari netti

Da novembre partirà una fase di sperimentazione in collaborazione con le Associazioni di categoria e gli Ordini professionali.

L’esempio dell’autovettura

Un esempio pratico per capire come funziona il Redditometro 2012 può essere rappresentato dall’autovettura. La lente di ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate, che guarda indietro fino al 2008, riguarda gli intestatari di veicoli con più di 21 cavalli fiscali che abbiano anche realizzato incrementi patrimoniali, ovvero atti di acquisto di beni di investimento, quali case di abitazione, quote societarie, automobili. Secondo queste analisi chi dispone di un’autovettura con le caratteristiche prima illustrate dovrebbe dichiarare un reddito che può anche raggiungere i 40.000 euro.

È facile intuire come un concetto simile possa essere confutato, in quanto non tiene conto di svariati fattori: la prima contestazione potrebbe derivare dal fatto che difficilmente è necessario disporre di un reddito tale per mantenere un’autovettura. Ma obiettivo del redditometro non è tanto giustificare la spesa sostenuta per il mantenimento di un veicolo, quanto individuare il contribuente che dimostra una propensione all’acquisto proprio perché possiede un bene che per determinati parametri può essere considerato di lusso.

Quando scatta l’illecito

L’Agenzia considera che per individuare le caratteristiche dell’evasione è necessario un disallineamento tra reddito effettivo e dichiarato del 25% ripetuto per due annualità consecutive. In assenza di questi requisiti non è possibile effettuare l’accertamento sintetico.

Un altro aspetto da non sottovalutare fa riferimento all’effettiva disponibilità di un bene: l’intestatario di un veicolo di lusso che però non dispone di un reddito adeguato al possesso può facilmente giustificarsi dimostrando che la disponibilità del bene non è in carico a se stesso ma a un altro soggetto che invece può dichiarare un reddito congruo. Inoltre questo tipo di bene viene spesso utilizzato nell’esercizio di un’attività professionale o d’impresa, e quindi il valore assegnato non può non tener conto del fatto che il bene rappresenta uno strumento di lavoro.

Un altro caso riguarda il nucleo familiare: può succedere che, pur essendo un bene intestato a un soggetto con un reddito non congruo se commisurato al valore, nel medesimo nucleo familiare esista un altro soggetto che invece può permettersene l’acquisto. Pensiamo al caso in cui un genitore decide di acquistare un immobile per il figlio che in realtà non potrebbe permetterselo: in questo caso sarà sufficiente rappresentare gli avvenimenti durante il dibattimento d’ufficio per essere discolpati.

Lo stesso vale se l’elevato tenore di vita di un contribuente non può essere spiegato dal suo reddito ma dal possesso di beni che sono stati venduti, ovvero di un patrimonio già tassato alla fonte che è stato progressivamente dismesso, o ancora nel caso di denaro liquido ereditato. Può avvenire infatti di essere sottoposti ad accertamento sintetico nel momento in cui si acquista uno dei beni indice sfruttando il denaro presente in un conto corrente ereditato. In questo caso l’Agenzia delle Entrate non può effettuare i dovuti controlli e le necessarie sovrapposizioni, quindi è necessario spiegare la situazione.

Come tutelarsi

Bisogna sottolineare però che pur essendo la validità dei casi illustrati logica e condivisibile, l’Agenzia tende a contrastare questo tipo di giustificazioni. Soprattutto se il periodo intercorso tra la messa a disposizione dell’eredità o la vendita dei beni ereditati e l’utilizzo delle somme si protrae a lungo, è quindi opportuno disporre di documenti che evidenzino la movimentazione delle somme così da evidenziare le proprie spiegazioni con documenti che non possano essere confutati.

Il caso più difficile da difendere si realizza quando il disallineamento tra reddito e spese è imputabile a un calcolo che, basandosi su delle convenzioni, non necessariamente tiene conto della realtà. È il caso di un consumatore particolarmente orientato verso una forte propensione ai consumi: questi potrà aver acquistato una vettura di grossa cilindrata dimostrando al contempo una particolare oculatezza nei confronti di altre spese, in questo caso quindi il disallineamento è solo virtuale proprio perché non si tiene conto delle spese che effettivamente il contribuente ha sostenuto.

Concludendo è necessario ribadire quanto in sede di accertamento sintetico sia necessario disporre di prove oggettive in grado di scagionare dall’accusa di evasione fiscale. Concentrarsi unicamente sul tentativo di confutare le accuse negando la ricostruzione svolta dall’Agenzia delle Entrate può non essere un elemento sufficiente, se pur con aspetti logici e condivisibili, per ribaltare l’accusa. Più opportuno è l’approccio che spiega le proprie ragioni ricostruendo i movimenti delle somme di denaro e i flussi di spesa, così da suffragare la propria tesi documenti alla mano: in questo caso non c’è nulla da temere, la difesa dall’accertamento sintetico non può che essere efficace.